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Diritto civile consulenza

Risarcimento danni per diffamazione su facebook.

Pubblicato il
7/12/2022

Il risarcimento danni per diffamazione su facebook

La pubblicazione di messaggi offensivi nei confronti di altre persone su Facebook è diventata una inquietante realtà. L’utilizzo dei social network, come lo è Facebook, aggrava tale comportamento diffamatorio, perché facilita il contatto con un vasto numero di persone. La gravità dei danni che possono arrecare tali condotte alle vittime non possono essere ripristinate con un semplice risarcimento del danno.

Per questo la diffamazione è un reato, inserito all’interno del Codice Penale all’art. 595.

La condotta consiste nell’offendere l’altrui reputazione comunicando con più persone. La pena detentiva principale può arrivare oltre i tre anni per i casi più gravi oltre al risarcimento dei danni.

In sostanza, quindi i requisiti di questo reato sono costituiti dall’offesa dell’altrui reputazione e dalla comunicazione con più persone.

La  giurisprudenza prevalente riconosce che la diffamazione che si realizza a mezzo di Facebook rientra nell’ipotesi di una circostanza aggravante ai sensi dell'art. 595 comma 3 c.p.. Quando un messaggio viene inoltrato a destinatari molteplici e diversi su Twitter o su Facebook, questi social network vengono equiparati ad un mezzo di pubblicità e aggravano la condotta.

La diffamazione a mezzo dei social network e dei siti internet

Non c’è dubbio che il reato di diffamazione possa configurarsi anche quando il contenuto offensivo venga diffuso attraverso social network, siti internet, blog o altri canali telematici.

In tali casi si può configurare anche una circostanza aggravante, quella dell’utilizzo di un mezzo di pubblicità nella diffusione dei contenuti denigratori. Questa circostanza determina in caso di condanna un aumento della pena. 

Questa nuova fattispecie di reato, il reato di diffamazione telematica, pone delle nuove problematiche, in special modo riguardo all’individuazione dell’autore del reato.

L’identificazione della vittima non pone particolari problemi, perché non è necessario che la vittima venga identificata per nome e per cognome. Basta che risulti identificabile tramite altri elementi indiziari. Più difficile è l’identificazione dell’autore del reato, che deve essere individuato tramite il c.d. indirizzo “IP”. Un codice numerico assegnato in via esclusiva ad ogni dispositivo elettronico. 

Molto discusso in giurisprudenza è la responsabilità penale del gestore di un sito internet o di un blog per i contenuti pubblicati da altri.

Al riguardo, la giurisprudenza tende ad escludere la responsabilità del blogger o del gestore del sito. Sia nel caso in cui non era stato messo a conoscenza del commento offensivo presente sul suo portale che quando ha provveduto alla rimozione del contenuto contestato (Cass. pen. n. 12546/18).

Anche il prestato consenso alla pubblicazione di un dato contenuto su un sito web o su social network potrebbe costituire il reato di diffamazione. Nel caso in cui il materiale autorizzato doveva essere divulgato in contesti o per finalità completamente differenti da quelle consentite.

Un’altra questione riguarda i commenti pubblicati su siti o portali di recensioni. Un'ironica recensione di un locale pubblico pubblicata online dagli avventori insoddisfatti non potrà integrare gli estremi del reato. Il gestore di un esercizio pubblico, operando sul mercato, accetta anche il rischio che i propri servizi non siano graditi e vengano criticati. 

Il risarcimento dei danni da diffamazione

Dipendentemente dal contenuto e dal modo di diffusione del messaggio denigratorio, la diffamazione può generare un danno nei confronti della vittima. Questo danno potrà assumere natura sia patrimoniale che non patrimoniale.

La prova del danno patrimoniale subito, consiste nella dimostrazione della riduzione dei redditi conseguenti al fatto diffamatorio. Di più a altra documentazione e testimonianze che dimostrano la perdita di importanti occasioni lavorative dovute all’attacco diffamatorio subito.

Invece, i danni non patrimoniali non possono essere automaticamente riconosciuti. Deve essere fatta una perizia psichiatrica o raccogliere testimonianze, le quali accertino i danni subiti dalla vittima. Possono essere utilizzati anche dei  criteri presuntivi che provano il danno non patrimoniale causato dalla diffusione dello messaggio attraverso il social network, come Facebook. Il quale è idoneo, attraverso le cd. condivisioni, a diffondere il messaggio pubblicato lesivo ben oltre la cerchia dei cd. amici del proprietario del profilo.

Nella quantificazione del danno da diffamazione sono rilevanti anche la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa, nonché la posizione sociale della vittima.

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